MENU

Termini di durata delle indagini preliminari: illegittima la nuova iscrizione per gli stessi fatti per i quali le indagini sono già state svolte (Cass. Pen. Sez. VI – 29151/17)

12 Giu 2017 - Sentenze

Termini di durata delle indagini preliminari: illegittima la nuova iscrizione per gli stessi fatti per i quali le indagini sono già state svolte (Cass. Pen. Sez. VI – 29151/17)

In tema di indagini preliminari e loro durata, è illegittima l’iscrizione da parte del P.M. dello stesso fatto di reato per il quale erano già state avviate precedenti indagini con una diversa iscrizione, poiché in tal modo risulterebbe elusa la disciplina di garanzia dei termini di durata massima delle indagini medesime.

Al P.M. è consentita una nuova iscrizione nel registro ex art. 335 c.p. per fatti diversi, seppur emersi nel corso delle indagini e per i quali i nuovi termini di durata decorreranno dall’iscrizione medesima, mentre per lo stesso fatto (seppur diversamente circostanziato o qualificato) è ammesso solo l’aggiornamento dell’iscrizione originaria, restando immutato il termine iniziale di durata delle indagini.

 

Copyright sull’immagine riservati al proprietario, il quale ha diritto ad essere menzionato qualora inoltri specifica richiesta.

 

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 maggio 2017 – 12 giugno 2017, n. 29151

Presidente Rotundo – Relatore Bassi

 

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Roma ha confermato l’ordinanza del 10 gennaio 2017, con la quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina ha applicato ad A. C. la misura della custodia in carcere, in ordine ai reati di corruzione di cui ai capi A), B) e C) e di turbativa d’asta di cui al capo D).

1.1. Il Collegio ha preliminarmente argomentato la ritenuta infondatezza delle eccezioni di inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali evidenziando: 1) che, secondo quanto si evince dall’estratto del registro informatico delle notizie di reato, nei confronti di C. risulta un’iscrizione per i reati di cui agli artt. 323 e 319 cod. pen. in data 19 febbraio 2015 ed una nuova iscrizione per il reato di cui all’art. 319 in data 29 (rectius 21) dicembre 2015, sicché dall’ultima iscrizione è decorso un nuovo termine di durata massima delle indagini, con conseguente piena utilizzabilità di tutte le intercettazioni compiute nel successivo semestre; 2) che non risulta alcun ritardo né omissione nelle operazioni di registrazione delle intercettazioni e di deposito dei verbali delle operazioni e che, ad ogni modo, la violazione dell’art. 268, comma 4, cod. proc. pen. non dà luogo ad inutilizzabilità; 3) che nessuna inutilizzabilità può derivare dal ritardo nell’inizio delle operazioni nei giorni indicati dal P.M. o dal Gip.

1.2. Nel merito, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione ai contestati reati di corruzione e di turbativa d’asta nonché corretta la qualificazione giuridica dei fatti.

1.3. Infine, il Collegio ha stimato esistenti attuali e concrete esigenze cautelari connesse ai pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione criminosa, esigenze ritenute fronteggiabili soltanto con la misura di maggior rigore, potendo l’indagato reiterare la condotta anche agli arresti domiciliari.

2. Ricorre avverso il provvedimento A. C., a mezzo dei suoi difensori di fiducia Avv.ti L. A. P. P. e A. F. P., e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 335, 405, 406, 407 e 178, comma 3, 309, comma 5, e 125, comma 3, cod. proc. pen. Il ricorrente eccepisce, in primo luogo, l’inutilizzabilità degli atti d’indagine specificamente indicati nelle pagine 36 e seguenti del ricorso per riesame in quanto assunti successivamente alla scadenza del termine per le indagini preliminari, là dove mancano taluni provvedimenti di iscrizione – pur indicati nella stampa della schermata del computer versata agli atti dal pubblico ministero di Latina (quelli del 19 febbraio e 21 dicembre 2015, e 4 ottobre 2016) -, mentre risulta l’unica iscrizione del 28 settembre 2016 relativa al reato di cui al capo A). Il ricorrente pone in evidenza che le iscrizioni del 19 febbraio e 21 dicembre 2015 si riferiscono allo stesso fatto di cui al capo B), come risulta espressamente dalla richiesta di misura cautelare formulata dal pubblico ministero in data 12 maggio 2015 rigettata dal Gip, sicché gli atti compiuti oltre il 19 settembre 2015 devono ritenersi inutilizzabili, in quanto oggetto di un’illegittima duplicazione dell’iscrizione della medesima notitia criminis. Ad ogni modo, la schermata fornita dal pubblico ministero non consente di evidenziare gli elementi identificativi minimi che valgano a consentire l’individuazione della novità del fatto iscritto nel dicembre 2015 rispetto a quello oggetto della precedente iscrizione. D’altra parte, il ricorrente rimarca come la mancanza nel fascicolo dei provvedimenti di iscrizione abbia gravemente pregiudicato il diritto di difesa in relazione al rispetto del termine per le indagini, con conseguente nullità generale dell’ordinanza per violazione dell’obbligo di deposito gli atti sui quali la misura cautelare si fonda e comunque per inutilizzabilità degli atti posti a fondamento della misura. Si rileva ancora che il pubblico ministero di Latina, dichiarando non luogo a provvedere in merito alla richiesta formulata il 6 febbraio 2017 di esibizione di tutte le iscrizioni a carico di A. C., ha dato conto del fatto che tutti gli atti richiesti erano già stati trasmessi al Tribunale del riesame, il che conferma la dedotta mancanza di talune delle iscrizioni riportate nella schermata del pc. In via subordinata, il ricorrente chiede che sia sollevata la questione di incostituzionalità degli artt. 335, 405, 406 e 407 cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 1, 3, 13, 24, 76, 111, 112 e 117 Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui consentono al pubblico ministero di omettere il deposito – a favore della difesa e del giudice – dei provvedimenti di iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. e dunque rendono possibile l’utilizzazione di atti d’indagine svolti – nella specie nell’arco di quasi due anni – senza alcuna proroga del relativo termine. In ultimo, il ricorrente eccepisce l’utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni stante l’assenza del verbale di inizio delle operazioni previsto, a pena di inutilizzabilità, dall’art. 268, comma 1, cod. proc. pen.

2.2. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto concreti ed attuali i pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione di analoghe condotte criminose. Il ricorrente rileva che, quanto all’esigenza di cui all’art. 274, comma 1 lett. a) cod. proc. pen., le evidenziate “pressioni su dipendenti comunali” costituivano, a ben vedere, soltanto delle richieste volte a rappresentare le esigenze di cittadini, spesso in condizioni di disagio, mentre i rapporti con il generale P. dei Carabinieri – di cui alla intercettazione riportata nell’ordinanza – si riferivano a segnalazioni suscettibili di rilievo disciplinare e penale, facendo difetto la prova di una qualunque iniziativa posta in essere dal C. per favorire i propri interessi. Sotto diverso aspetto, il ricorrente segnala che, a tenore di contestazione, i fatti risalgono a diversi anni orsono sicché, in linea con quanto previsto dall’art. 292, comma 2 lett. c), cod.proc. pen., i pericula libertatis non possono ritenersi attuali, diversamente da quanto argomentato dal Tribunale con motivazione di mero stile e senza considerare gli elementi offerti dalla difesa. Manca inoltre una qualunque motivazione circa la possibilità di fare fronte alle esigenze cautelari sussistenti nella specie con una misura meno afflittiva, in particolare con gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico.

3. Nei motivi nuovi depositati in cancelleria, la difesa del C. ha ribadito:

3.1. la violazione di legge processuale ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 335, 405, 406, 407 e 125, comma 3, cod. proc. pen., evidenziando come, all’esito della consulenza tecnica sulle schermate informatiche depositate dal P.M., risulti confermata la fondatezza dell’eccezione di inutilizzabilità degli atti, con conseguente illegittimità dell’ordinanza impugnata;

3.2. la violazione di legge processuale ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen, per avere il Tribunale erroneamente stimato attuali e concrete le esigenze cautelari ed escluso la fronteggiabilità delle medesime con una misura meno afflittiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in relazione al primo ed assorbente motivo concernente l’inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche.

2. Ai fini della soluzione della questione sottoposta al vaglio della Corte occorre muovere dalla disamina della disciplina vigente in materia di iscrizione della notizia di reato e di durata delle indagini preliminari e conseguente utilizzabilità delle relative acquisizioni.

2.1. Secondo la regula iuris codificata al comma 1 dell’art. 335 cod. proc. pen., “Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonchè, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito”. A mente del comma 2 della medesima disposizione, “Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l’aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni”.

Allo scopo di rendere possibile l’immediata iscrizione della notizia di reato, l’art. 109 disp. att. cod. proc. pen. dispone che “La segreteria della procura dellaRepubblica annota sugli atti che possono contenere notizia di reato la data e l’ora in cui sono pervenuti in ufficio e li sottopone immediatamente al procuratore della Repubblica per l’eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato”.

2.2. Alla previsione dell’art. 335 cod. proc. pen. si correla strettamente la disciplina dei termini di durata delle indagini prevista negli artt. 405 e seguenti stesso codice, là dove il termine ordinario di sei mesi (come quello di un anno per i reati di cui all’art. 407, comma 2 lett. a), cod. proc. pen.) decorre appunto – giusta l’espressa previsione dell’art. 405, comma 2 – “dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato”. Giova rammentare come detto termine delle indagini sia prorogabile in presenza delle condizioni e con la procedura di cui all’art. 406 cod. proc. pen., entro i limiti di cui all’art. 407 stesso codice.

2.3. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il pubblico ministero, non appena riscontrata la corrispondenza di un fatto di cui abbia avuto notizia ad una fattispecie di reato, è tenuto a provvedere alla iscrizione della notitia criminis nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., senza che possa configurarsi un suo potere discrezionale al riguardo; ugualmente, una volta riscontrati, contestualmente o successivamente, elementi obiettivi di identificazione del soggetto cui il reato è attribuito, il pubblico ministero è tenuto a iscriverne il nome con altrettanta tempestività (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244378).

Questa Corte – sempre riunita nel suo più ampio consesso — ha, nondimeno, precisato che l’omessa annotazione della notitia criminis nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen., con l’indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini “contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento dell’effettiva iscrizione nel registro, poiché, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 cod. proc. pen., al cui scadere consegue l’inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre per l’indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla. L’apprezzamento della tempestività dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all’an e al quando, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del P.M. negligente (Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216248).

2.4. Dal combinato disposto delle norme di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 335 cod. proc. pen., come interpretati da questa Corte di legittimità, discende che l’inquirente è tenuto a procedere immediatamente ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato previsto dall’art. 335 cod. proc. pen. ogni qualvolta, nei confronti della stessa persona, acquisisca elementi in ordine ad un fatto costituente reato ulteriore e diverso da quello già iscritto; deve invece limitarsi al mero aggiornamento della notizia di reato già iscritta allorquando si renda necessario modificarne la qualificazione giuridica ovvero precisare l’esistenza di elementi circostanziali (Sez. 6, n. 11472 del 02/12/2009 – dep. 2010, Paviglianiti, Rv. 246525; Sez. 3, n. 32998 del 18/03/2015, M., Rv. 264191).

Da tale impostazione consegue che, mentre nel caso di iscrizione di nuovi fatti di reato, è pacifico che il termine per le indagini preliminari, previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., decorra in modo autonomo per ciascuna iscrizione (Sez. 6, n. 11472 del 02/12/2009, cit.; Sez. 3, n. 32998 del 18/03/2015, cit.), nel caso in cui si tratti di “aggiornamento” della notitia criminis originaria (in relazione al nomen iuris ed agli elementi circostanziali) il termine delle indagini decorre dalla prima e, dunque, unica iscrizione per detto fatto.

2.5. Dalla disciplina appena tratteggiata si evince che il nostro codice di rito non prevede e, sopratutto, non consente l’iscrizione sul registro ex art. 335 cod. proc. pen. di uno stesso fatto di reato già oggetto di una precedente iscrizione.

Ed invero, il P.M. può certamente procedere ad una nuova iscrizione ex art. 335 cod. proc. pen. nel caso in cui, nel prosieguo delle indagini, emerga un fatto storico-naturalistico diverso (richiamati in punto di identità del fatto i principi già espressi da questa Corte, nelle sentenze Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, RG. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799 e, di recente, Sez. 6, n. 48691 del 05/10/2016, Maesano, Rv. 268226, recepiti anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 200 del 2016), anche se non necessariamente ulteriore rispetto a quello già iscritto (come nel caso in cui esso risulti – nei suoi elementi costitutivi – così trasfigurato rispetto a quello oggetto dell’originaria iscrizione da non poter non essere ritenuto “altro” fatto).

Di contro, qualora dalle nuove acquisizioni investigative, il fatto risulti dover essere soltanto diversamente qualificato o circostanziato, l’inquirente deve limitarsi a disporre l’aggiornamento della precedente iscrizione, senza poter procedere a nessuna nuova iscrizione. Nuova iscrizione che deve, pertanto, ritenersi – a maggior ragione interdetta – allorquando si tratti di un medesimo fatto già oggetto di una precedente iscrizione.

Corrobora la validità di tale impostazione la norma dell’art. 414, comma 2, cod. proc. pen., là dove – nel consentire la “nuova iscrizione” di un fatto già oggetto di una precedente iscrizione, all’esito del provvedimento di riapertura delle indagini all’esito del decreto di archiviazione, con conseguente nuovo decorso del termine delle indagini – prevede l’unica eccezione alla delineata regola generale secondo la quale un medesimo fatto non può essere oggetto di una pluralità di iscrizioni ex art. 335 cod. proc. pen.

Deve pertanto ritenersi illegittima la nuova iscrizione di uno stesso fatto qualora la cornice d’accusa sia rimasta immutata o sia mutata soltanto in relazione al titolo di reato o alle circostanze del fatto (nel qual caso l’iscrizione deve essere solo aggiornata).

2.6. D’altra parte, il nostro ordinamento processuale conosce un’unica via per ampliare l’intervallo temporale deputato alle investigazioni previsto dall’art. 405 cod. proc. pen. — id est la proroga ai sensi dell’art. 407 stesso codice -, percorso processuale che non può essere surrogato da una nuova iscrizione di una stessa notizia di reato già iscritta. Tale opzione, oltre a non essere contemplata dall’art. 335 dal codice di rito, potrebbe risolversi in una facile via per eludere le regulae iuris dettate in tema di termini delle indagini, ottenendo il medesimo risultato di dilatarne l’ambito senza comunicazione all’interessato e, soprattutto, senza alcun filtro giurisdizionale, con elusione delle garanzie difensive connesse alla disciplina della proroga.

Se ne inferisce che, ai fini della determinazione del termine delle indagini, la nuova iscrizione di uno stesso fatto già iscritto (cioè la pura e semplice replica dell’iscrizione) deve considerarsi tamquam non esset, con la conseguente inutilizzabilità (ai sensi del combinato disposto degli art. 407, comma 3, e 191, comma 1, cod. proc. pen.) eventualmente derivante dall’assunzione di atti oltre la scadenza del termine delle indagini come decorrente, quale dies a quo, dall’originaria iscrizione.

Ritiene il Collegio che siffatta conclusione interpretativa, oltre a rappresentare il naturale corollario della disciplina codicistica delle indagini preliminari, sia anche la sola conforme al diritto di difesa ed ai principi del giusto processo cristallizzati negli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, in quanto unica atta a garantire l’effettività della previsione dei termini di durata delle indagini, determinati rigorosamente dal legislatore allo scopo di imprimere tempestività alle investigazioni e di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini è assoggettato (C. Cost. n. 350 del 14/10/1996).

2.7. Tirando le fila di quanto sopra, si deve dunque affermare il seguente principio di diritto: “secondo la disciplina dell’art. 335 cod. proc. pen., al pubblico ministero è fatto divieto di procedere ad una nuova iscrizione nel registro degli indagati della stessa notizia di reato, dovendo disporne il mero aggiornamento ai sensi del comma 2 qualora risulti diversamente qualificata o circostanziata. Ne discende che la duplicazione dell’iscrizione della medesima notitia criminis deve ritenersi illegittima e, pertanto, tamquam non esset ai fini della determinazione del termine di durata delle indagini disciplinato dagli artt. 405 e seguenti stesso codice, con la conseguenza che dovranno ritenersi inutilizzabili gli atti che siano stati assunti “dopo la scadenza del termine” come decorrente dalla prima iscrizione, cui non abbia fatto seguito la proroga ai sensi degli artt. 406 e 407 stesso codice”.

3. Di tali coordinate ermeneutiche non ha tenuto conto il Tribunale del riesame nel caso di specie.

3.1. Nel respingere l’eccezione di inutilizzabilità degli specifici atti (segnatamente le risultanze delle intercettazioni) indicati nel ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. assunti successivamente alla data del 19 settembre 2015 (cioè trascorsi sei mesi dalla prima iscrizione della notizia di reato ex artt. 323 e 319 cod. pen., in assenza di proroga), il Collegio capitolino ha rilevato che “dopo la prima iscrizione ex artt. 323 e 319 cod. pen. in data 19.2.2015, quest’ultimo (cioè C.; n.d.e.) è stato nuovamente iscritto nel registro degli indagati (prima del 10.3.2016 e del 28.9.2016) in data 29.12.2015 per il reato di cui all’art. 319 cod. pen. da tale iscrizione è decorso un nuovo termine di durata massima delle indagini preliminari ex art. 405 doc. proc. pen. Con la conseguente piena utilizzabilità di tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali captate in tale lasso temporale”.

3.2. Se non che il Collegio del gravame cautelare, nel dare atto del fatto che C. è stato “nuovamente” iscritto nel registro degli indagati, ha omesso di verificare l’effettiva “novità” del fatto oggetto dell’iscrizione ex art. 319 cod. pen. del dicembre 2015 rispetto a quella, per lo stesso titolo di reato, del febbraio 2015. Per quanto si è testè chiarito, solo l’emersione di un fatto nuovo, cioè diverso ed ulteriore rispetto a quello già iscritto, può legittimare una nuova iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. e, di conseguenza, determinare il decorso di un nuovo (ed autonomo) termine semestrale delle indagini dall’iscrizione aggiuntiva.

E’ quasi superfluo rilevare come l’accertamento circa la ritualità delle iscrizioni ex art. 335 cod. proc. pen. a carico del C. fosse certamente doveroso per il Tribunale del riesame, là dove – per quanto si è già sopra chiarito – la questione processuale concernente la ritualità delle iscrizioni nel registro degli indagati ha diretto riverbero sulla validità e dunque sull’utilizzabilità degli atti posti a base del giudizio di gravità indiziaria (segnatamente di quelli indicati dal C. nelle pagine 36 e seguenti del ricorso per riesame). Questione di utilizzabilità degli atti a contenuto latu sensu probatorio deducibile in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen. e pacificamente rilevabile anche nel giudizio cautelare, concorrendo – appunto – a definire il compendio processuale sul quale può validamente poggiarsi il titolo restrittivo della libertà personale.

3.3. E’ ben vero che, nel caso in cui vengano in rilievo errores in procedendo (come appunto quello di cui si discute), questa Corte di legittimità sia giudice anche del fatto, potendo accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304) ed emendare l’incompletezza degli atti del fascicolo, con l’acquisizione di quelli mancanti (nella specie, alcune iscrizioni, come denunciato anche dal ricorrente).

Nondimeno, nel caso di specie, qualora l’eccezione di inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni disposte oltre il termine delle indagini si rivelasse fondata, la prova di resistenza non potrebbe essere demandata al giudice del merito cautelare – essendo certamente pretermessa a questa Corte di legittimità -, il che impone, per evidenti esigenze di economia processuale, di rimettere sin d’ora la valutazione sul punto al Tribunale del riesame.

4. La decisione in verifica deve pertanto essere annullata.

4.1. In sede di rinvio, il Tribunale dovrà, dunque, verificare se l’iscrizione del dicembre 2015 riguardi esattamente lo stesso fatto reato già iscritto il 19 febbraio 2015. A tale scopo dovrà, da un lato, compulsare il contenuto dell’intero fascicolo trasmesso ex artt. 309, comma 5, e 291, comma 1, cod. proc. pen. nonché acquisire presso la Procura tutta la documentazione concernente le iscrizioni relative alla posizione del C.; dall’altro lato, confrontare – come correttamente suggerito dal ricorrente – l’imputazione provvisoria elevata nella richiesta di applicazione nei confronti del C. di misura cautelare formulata dal pubblico ministero in data 12 maggio 2015 – poi rigettata dal Gip – e l’imputazione sub capo B), l’unica che – avendo riguardo al tempus commissi delicti – pare effettivamente riconducibile alle iscrizioni del febbraio e del dicembre 2015.

All’esito di tale vaglio, il Collegio potrà dunque valutare la fondatezza o meno dell’eccezione di inutilizzabilità delle acquisizioni probatorie successive alla data del 19 settembre 2015.

Qualora ritenga inutilizzabili gli atti successivi a tale data, il Tribunale dovrà procedere alla c.d. prova di resistenza, verificando se, sulla scorta del materiale utilizzabile residuo, sia possibile confermare il giudizio di gravità indiziaria in ordine a tutte o soltanto ad alcune delle imputazioni provvisorie poste a fondamento del titolo coercitivo.

5. Nel procedere alla c.d. prova di resistenza, il Tribunale del riesame dovrà tenere conto del principio di diritto in forza del quale le intercettazioni che siano state validamente compiute nell’ambito di un procedimento sono utilizzabili in relazione a tutti i reati oggetto del medesimo procedimento per i quali avrebbero potuto essere disposte ai sensi dell’art. 266 cod. proc. pen. (v. ex plurimis Sez. 2, n. 1924 del 18/12/2015 – dep. 2016, Roberti e altri, Rv. 265989).

Il Collegio è consapevole dell’esistenza – in seno alla giurisprudenza di legittimità – di un orientamento ermeneutico di segno diverso, secondo il quale le intercettazioni disposte in relazione ad un reato possono essere utilizzate, a fini di prova, in relazione a qualunque altro reato oggetto del medesimo procedimento senza i limiti di cui all’art. 266 cod. proc pen. (v. ex plurimis Sez. 6, n. 50261 del 25/11/2015, M. e altri, Rv. 265757).

Si tratta nondimeno di una contrapposizione di opzioni esegetiche che, all’evidenza, non rileva nella specie, là dove per il reato di cui all’art. 319 cod. pen. – che viene in rilievo – certamente ricorrono i limiti edittali di cui al citato art. 266 cod. proc. pen.

6. Nessun pregio ha di contro l’eccezione con la quale il ricorrente ha eccepito l’inutilizzabilità delle medesime intercettazioni per mancanza dei verbali di inizio delle operazioni previsto dall’art. 268, comma 1, cod. proc. pen.

Come correttamente rilevato dal Giudice a quo, è invero pacifico che dall’omessa trasmissione di detti atti non consegua nessuna inutilizzabilità delle intercettazioni (ex plurimis Sez. 1, n. 3631 del 17/05/2000, P.M. in proc. Dessì, Rv. 216177).

7. L’ultimo motivo concernente le esigenze cautelari è assorbito dalla decisione di annullamento ed è ad ogni modo infondato, avendo il Tribunale argomentato – con motivazione puntuale e scevra da illogicità manifesta – tanto la ricorrenza dei pericula libertatis in termini di concretezza ed attualità; quanto l’inidoneità di qualunque misura diversa da quella di maggior rigore a farvi fronte.

PQM

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma per nuovo esame. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att. cod. proc. pen.

Tag: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

I commenti sono chiusi.