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Atti a mezzo PEC: ammissibili, purché il Difensore verifichi – a meno che non ne sia impossibilitato – la corretta ricezione (Cass. Pen. Sez. I – 43184/18)

1 Ott 2018 - Sentenze

Atti a mezzo PEC: ammissibili, purché il Difensore verifichi – a meno che non ne sia impossibilitato – la corretta ricezione (Cass. Pen. Sez. I – 43184/18)

E’ legittimo l’invio di istanze via PEC nel procedimento penale? Secondo la Suprema Corte sì, pur non escludendosi che allo stato vi siano dei contrasti interpretativi. E sul punto, anche se non può essere riconosciuta l’esistenza di un vero e proprio obbligo, la Corte ammette l’esistenza di un onere del Difensore di sincerarsi della corretta ricezione dell’atto, onere che però può essere escluso nei casi di accertata impossibilità.

 

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Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 maggio 2018 – 1 ottobre 2018, n. 44995

Presidente Andreazza – Relatore Socci

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. La Corte di appello di Firenze, con la decisione in epigrafe indicata, ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato L. M. R. e M. A. alla pena di mesi 1 di arresto ed C 10500,00 di ammenda ciascuno, relativamente al reato di cui agli art. 110, cod. pen. e 44, lettera B, d.P.R. 380/2001. Accertato il 7 novembre 2012.

2. Ricorrono per Cassazione, i due imputati, tramite difensore, con un unico motivo di ricorso: violazione di legge, (art18, Cost., I. n.83/2000, art. 2 bis) poiché l’astensione del difensore dalle udienze ha natura di diritto fondamentale e per l’udienza del 10 aprile 2017 il difensore aveva inviato alla cancelleria della Corte di appello (come da informazioni ricevute dall’URP della Corte di appello di Firenze), PEC per il rinvio dell’udienza in relazione all’adesione del difensore all’astensione di categoria. La Corte di appello invece ha nominato un difensore di ufficio e ha deciso la causa, violando il diritto alla difesa effettiva.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

3. Il ricorso non risulta manifestamente infondato, in considerazione del contrasto di giurisprudenza, all’interno della Corte di Cassazione, sull’uso della Posta elettronica certificata per il deposito di istanze.

Deve rilevarsi che, per una parte della giurisprudenza, l’uso della PEC (anche se non rende l’atto irricevibile o inammissibile, così come già ritenuto per il Fax) comporta un dovere di diligenza del mittente di accertarsi della sottoposizione tempestiva dell’atto al Giudice: «La richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile, anche se l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice procedente» (Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014 – dep. 18/11/2014, Pigionanti, Rv. 26096301). Per il fax: «L’invio a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore non comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente, essendo, al fine, sufficiente dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente dell’esistenza dell’istanza» (Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016 – dep. 05/01/2017, Asmarandei, Rv. 26894201; vedi anche Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 – dep. 17/01/2018, Deriu’, Rv. 27204901). Non risulta però chiarito come (e perché) il professionista deve interferire con l’organizzazione giudiziaria, per accertarsi dell’arrivo della PEC, quando la stessa automaticamente certifica la ricezione al destinatario della e-mail. Si accolla al difensore un onere non previsto dalla legge e di difficile (se non impossibile) esecuzione. Infatti è stata anche rilevato che l’impossibilità di attivazione, del difensore, per le verifiche sia dimostrabile per escludere colpe dello stesso (vedi Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 – dep. 17/01/2018, Deriu’, Rv. 27204901: «nel caso in cui l’impedimento – improvvisamente ed inevitabilmente insorto – sia tale da precludere al difensore qualsiasi possibilità di attivazione, il medesimo è esentato dalle indicate verifiche, salvo l’onere di provare le circostanze che le hanno rese inattuabili»).

Inoltre, la posta elettronica certificata è stata considerata valida per la presentazione delle richieste, e delle memorie, delle parti nel procedimento di convalida del DASPO: «Nel procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all’ufficio di p.s., è ammissibile la presentazione delle richieste e delle memorie delle parti al giudice competente tramite PEC, atteso che l’art. 6, comma 2-bis, legge 13 dicembre 1989, n. 401 non prescrive che i predetti atti debbano essere necessariamente depositati in cancelleria ed essendo ciò connaturale alla particolare natura, cartolare ed informale, del procedimento ed alla ristrettezza dei termini, stabiliti “ad horas”, entro cui deve concludersi il controllo di legalità di provvedimenti che limitano la libertà personale, pena l’inefficacia delle relative prescrizioni» (Sez. 3, n. 14832 del 13/12/2017 – dep. 04/04/2018, Barzanti e altri, Rv. 27269201).

3. 1. Altra parte della giurisprudenza, invece esclude l’utilizzo della PEC per istanze di rinvio: «Nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata. (Fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato)» (Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017 – dep. 22/06/2017, P, Rv. 27070201); così come esclude la presentazione di memorie nel giudizio di legittimità (Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016 – dep. 17/11/2016, Cacciatore, Rv. 26819201) o di impugnazioni cautelari, anche da parte del P.M. (Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015 – dep. 05/06/2015, Pmt in proc. Alamaru e altri, Rv. 26390001).

4. Conseguentemente il reato deve ritenersi prescritto alla data odierna, per il decorso del termine massimo di prescrizione, di anni 5, ex art. 157 e 161, cod. pen. (reato accertato il 7 novembre 2012).

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Revoca l’ordine di demolizione.

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