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Partecipazione ad associazione mafiosa: non basta avere rapporti con esponenti – anche di vertice – dell’associazione (Cass. Pen. Sez. V – 7767/18)

16 Feb 2018 - Sentenze


In tema di partecipazione ad associazione mafiosa i soli rapporti di frequentazione con altri soggetti ritenuti esponenti dell’associazione medesima (spesso attenzionati – a maggior ragione in contesti territoriali di limitata estensione) sono insufficienti di per sé a sostenere un sufficiente impianto probatorio.
Gli stessi, piuttosto, possono essere validamente considerati riscontri esterni in relazione ad altri elementi individualizzanti.

 

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 ottobre 2017 – 16 febbraio 2018, n. 7767

Presidente Fumo – Relatore De Gregorio

 

RITENUTO IN FATTO

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato il provvedimento del Gip di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti del ricorrente S. G., per il delitto di cui all’art 416 bis cp, per aver fatto parte di un’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria, nel territorio nazionale ed estero e costituita da molte decine di locali, articolata in tre mandamenti – Tirrenica, Jonica e Reggio Calabria città, e con un organo di vertice chiamato “Provincia”; in particolare per essere stato inserito nella sua articolazione detta cosca A., attiva nei territorio di S., S. P., S. E. di A., con il ruolo di partecipe, e con il compito di autista e factotum di A. C., nonchè di addetto a mantenere rapporti con esponenti della cosca P. ed in particolare con G.P.

Epoca del reato dal 1999, con condotta permanente.

1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la difesa, che, col primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi circa il delitto associativo sotto una pluralità di profili. Ha sostenuto il ricorrente che la motivazione avrebbe preso le mosse dall’assunto indimostrato che l’esercizio commerciale in disponibilità di G. P. fosse destinato ad incontri mafiosi, desumendo solo dalla presenza in esso dell’indagato alcune occasioni la sua partecipazione al sodalizio criminale.

1.1 Allo scopo il Tribunale aveva valorizzato gli episodi di Febbraio e Marzo 2016, in cui il ricorrente aveva accompagnato tale M., soggetto non indagato, presso la E. e gli aveva prestato la sua auto per recarvisi. Inoltre, era stato attribuito significato indiziante all’inserimento di S. in un presunto scambio di pizzini, avvenuto usando i locali di E., tra settembre ed ottobre 2016, tra le cosche A. e P. Ha sostenuto il ricorso che la giustificazione resa non aveva chiarito per quali ragioni era stata ritenuta la natura illecita delle comunicazioni e degli eventuali affari sottostanti, se non tramite il riferimento all’ipotizzata modalità illecita dello scambio. Sul punto il Collegio non avrebbe risposto alle osservazioni difensive, secondo le quali la presenza dell’indagato sul posto era casuale, ed i fogli che gli erano stati mostrati erano preventivi di materiale edile di suo interesse.

2. L’ultimo dato preso in considerazione nel provvedimento impugnato aveva riguardato una presunta attività di bonifica da microspie dell’auto di tale V., per la quale l’indagato avrebbe accompagnato quest’ultimo presso E. Nell’occasione la difesa avrebbe dimostrato che l’indagato era giunto in un momento successivo ed aveva atteso in disparte che G. terminasse di aver a che fare con V. In risposta la motivazione aveva ritenuto che la sola presenza di S. in un momento in cui si realizzava un’attività delicata, fosse indizio di un rapporto fiduciario, a sua volta sintomatico del suo inserimento nella compagine mafiosa.

3. Col secondo motivo è stata dedotta la violazione di legge ed il vizio di manifesta illogicità sul tema delle esigenze cautelari. La motivazione si era limitata a ritenere il pericolo di recidiva per l’obbiettiva gravità dei fatti, ritenendo non vinta la presunzione relativa di pericolosità ex art 275/3 cpp, in quanto la difesa non avrebbe dedotto elementi in contrario, né questi sarebbero emersi dagli atti. Il ricorrente ha criticato il provvedimento per la sua generica ed astratta giustificazione, osservando, in contrario, che l’ipotizzata partecipazione all’associazione mafiosa si era fermata a Marzo 2016; che l’indagato era stato riabilitato da vecchi incidenti di percorso e che era legato al cugino coindagato A. C., solo per il rapporto di parentela.

All’odierna udienza il PG, dr Pinelli ha concluso per l’annullamento con rinvio ed il difensore, avvocato N. ha insistito per l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
1. Deve in premessa ribadirsi il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, l’investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali al perseguimento degli interessi dall’organizzazione non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all’interno dello stesso. Sez. 5, Sentenza n. 4864 del 17/10/2016 Cc. (dep. 01/02/2017) Rv. 269207.
1.1 Applicando tali principi – che qui occorre ribadire – alla fattispecie in esame deve osservarsi che il provvedimento impugnato solo in minima parte risulta in armonia con essi, essendo pacifico che alcun reato-fine è stato attribuito al ricorrente, ma per il resto l’interpretazione dei dati indiziari da parte del Giudice cautelare non è stata ispirata al necessario rigore, attribuendo significato gravemente indiziante ad elementi che, pur valutati nel loro complesso ed unitariamente, non hanno raggiunto consistenza tale da far ritenere altamente probabile la condanna dell’indagato per il delitto associativo contestatogli.
2. In sostanza le evidenze procedimentali di cui il provvedimento ha tenuto conto sono state : l’operazione di bonifica di un autoveicolo avvenuta nel §ettembre 2015, fatta in presenza dell’indagato; il ritenuto scambio di pizzini tra gli A. ed i P. mascherato da invio di libri da G. T. a M., alla cui fase finale – 1 Ottobre 2015 – S. aveva partecipato; l’accompagnamento in data 18 Marzo 2016 di tale M. R. da parte dell’indagato presso i locali della ditta E., considerata uno dei quartier generali della cosca P.
Deve, altresì, precisarsi “in fatto” che l’episodio del 12 Febbraio, in cui M. si era recato presso i locali di E. con l’auto dell’indagato – pure citato nella parte del provvedimento dedicata alle valutazioni del Collegio – nel quadro dimostrativo di riferimento alcun valore indiziante può assumere circa la sua ritenuta affiliazione al clan A., essendo il ricorrente assente dalla scena.
2.1 Passando in rassegna le considerazioni svolte dal Collegio sui dati in suo possesso, va osservato che, per quanto riguarda l’attività di bonifica di un’auto da microspie, il Tribunale ha ritenuto certo che G. custodisse, presso i locali della ditta omonima, strumenti idonei allo scopo e che molti si rivolgessero a lui per questo motivo. Il provvedimento ha chiarito che il veicolo nell’occasione ripulito da possibili spie non era quello di S. ma uno diverso, in disponibilità di tale V., fungendo il ricorrente da accompagnatore di quest’ultimo, avendo usato a tal fine un’auto differente da quella oggetto di bonifica, ed avendo assistito all’operazione. La motivazione dei Giudici reggini ha ritenuto l’effettuazione della bonifica, di per sé fortemente indiziante di affari illeciti che G. avrebbe condotto e che avervi fatto assistere S. significherebbe che il primo riponeva massima fiducia nel secondo, sapendo benissimo chi aveva di fronte.

2.2 Nell’articolato meccanismo di scambio di eventuali informazioni tra gli A. in G. T. ed i P. in M. su ipotizzati pizzini destinati a G., il Collegio ha posto in luce che S. aveva accompagnato A. presso la ditta di G., ove questi aveva mostrato alcuni fogli di carta ai due interlocutori, con i quali si era trattenuto a parlare una ventina di minuti. Il Tribunale ha valutato che la visione dei documenti e la loro discussione fosse elemento fortemente indiziante in ordine all’appartenenza di S. al sodalizio ndranghetista, in quanto solo un soggetto intraneo alla cosca e depositarlo della fiducia del capo avrebbe potuto essere ammesso alla condivisione delle comunicazioni con un altro capo cosca.

2.3 L’episodio del 18 Marzo aveva visto S. accompagnare M. presso la E., ma quest’ultimo aveva chiesto al titolare di potergli parlare riservatamente e, dopo l’incontro, G. aveva contattato M. T., preannunciandogli una visita, che in realtà aveva fatto ma da solo. In proposito il Tribunale ha chiosato il dato, osservando che le relazioni tra i soggetti interessati, ivi compreso S., non erano personali ma inerivano i due gruppi criminali, cioè gli A. ed i P.

3. Appare fuor di dubbio che il Collegio ha ritenuto di valorizzare il dato degli accertati ed indiscutibili rapporti, pure caratterizzati da un certo grado di fiducia verso l’indagato, che S. aveva con alcuni soggetti, già considerati membri del sodalizio, anche con posizioni di rilievo, come G. ed A. C., al fine di ritenere integrato il requisito dell’inserimento organico dell’indagato nella cosca di riferimento.

3.1 In proposito deve evidenziarsi come dal testo del provvedimento impugnato emerga con chiarezza che questo – sia pure nelle ripetute articolazioni e modalità in precedenza illustrate – sia stato l’unico elemento a carico del ricorrente offerto dalle indagini e tenuto in considerazione dai Giudici del merito cautelare, non ritrovandosi nel provvedimento in discussione alcun diverso, positivo e specifico suo comportamento, che possa essere significativo della dedotta partecipazione alla cosca A. In particolare la valutazione del materiale indiziario e la giustificazione di essa operata dal Collegio risultano scarsamente compatibili col ruolo di portatore di ambasciate ed addetto al mantenimento dei rapporti con i P., che l’incolpazione gli ha attribuito. Invero, tali compiti, per avere un senso nella prospettazione proposta dall’Accusa di partecipazione durevole all’associazione di stampo mafioso, devono necessariamente essere forniti di uno spessore indiziario maggiore, anche sotto il profilo dell’apprezzabilità del contributo ad essa fornito.

4. Come si è già accennato l’interpretazione in parola non è coerente con i consolidati principi che questa Corte ha da lungo tempo elaborato in tema di partecipazione al delitto ex art 416 bis cp, che ne hanno definito il concetto non come semplice status di appartenenza all’associazione di tipo mafioso ma come sviluppo al suo interno di un effettivo ruolo dinamico, funzionale al perseguimento degli interessi dell’ente criminale, sostanziandosi proprio in detto ruolo l’inserimento stabile nel tessuto associativo da parte del soggetto attivo. Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005 Ud. (dep. 20/09/2005) Rv. 231670, Mannino.

4.1 In armonia col predetto indirizzo questa Corte ha analizzato il tema dei rapporti del presunto affiliato con altri esponenti anche di vertice dell’associazioneelemento frequentissimamente oggetto di attenzione nei procedimenti di criminalità organizzata – ed è stato più volte ritenuto che i contatti, le relazioni e le frequentazioni in contesti territoriali ristretti non sono di per se soli idonei a fondare il giudizio positivo circa la partecipazione all’organizzazione mafiosa, comunque denominata. Deve constatarsi che quello dei rapporti del ricorrente con altri soggetti ritenuti partecipi dell’organizzazione è stato l’unico elemento tenuto presente e rappresentato nel provvedimento impugnato per giudicare il ricorrente organico all’associazione ndranghetista.

4.2 Tali rapporti, invece, possono essere validamente considerati quali riscontri esterni, anche individualizzanti, in presenza di una credibile chiamata in reità o in correità. Così, Sez. 2, Sentenza n. 18940 del 14/03/2017 Ud. (dep. 20/04/2017) Rv. 269659. In senso conforme Sez. 2, Sentenza n. 31541 del 30/05/2017 Ud. (dep. 26/06/2017) Rv. 270468;Sez. 2, Sentenza n. 6272 del 19/01/2017 Ud. (dep. 09/02/2017) Rv. 269294.

Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame, che ne tenga conto, al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione riesame.

PQM

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione del riesame. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ex art 94/1 ter disp att cpp.

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