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Partecipazione ad associazione mafiosa: il ruolo di “paciere” non è sintomatico dell’appartenenza (Cass. Pen. Sez. V – 15236/11)

14 Apr 2011 - Sentenze

In tema di partecipazione ad associazione mafiosa lo svolgimento del ruolo di “paciere”, in un’unica occasione, non può ritenersi elemento sufficiente al fine di ritenere sussistente un quadro indiziario idoneo a definire la partecipazione stessa.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 marzo 2011 – 14 aprile 2011, n. 15236

Presidente Calabrese – Relatore Sabeone

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale del riesame di Palermo, con ordinanza del 16 dicembre 2010, ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di L.V.A., indagato per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, avverso l’ordinanza del 25 novembre 2010 del GIP del medesimo Tribunale con la quale era stata disposta nei suoi confronti la misura personale della custodia cautelare in carcere.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quale unico motivo, la motivazione mancante e manifestamente illogica circa la ritenuta sussistenza dei gravi indizi in relazione al contestato delitto di cui all’art. 416 bis c.p..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato.
2. Giova rammentare, in diritto, come il delitto di associazione per delinquere implichi un accordo fra almeno tre persone, con ripartizione di compiti tra gli associati in relazione alla realizzazione di un programma indeterminato di reati e predisposizione di una struttura organizzativa almeno rudimentale, atta a fornire stabile supporto alle singole deliberazioni criminose.

Ai fini della configurabilità del reato in esame, il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale tra gli associati, essendo sufficiente che questi, anche in assenza di un espresso accordo, siano portati ad operare nella consapevolezza che la propria e l’altrui attività ricevono vicendevole ausilio per l’attuazione del programma criminale (v. di recente, Cass. Sez. 6, 17 giugno 2009 n. 40505).

Dal punto di vista della struttura non è, poi, richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione, dotata di notevoli disponibilità economiche e di imponenti strumenti operativi, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibile dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il perseguimento del fine comune.

Ferma l’autonomia rispetto ai reati fini commessi in attuazione del programma, la prova in ordine al delitto associativo può desumersi anche dalle modalità esecutive dei reati-scopo, dalla loro ripetizione, dai contatti fra gli autori, dall’uniformità delle condotte, specie se protratte per un tempo apprezzabile.

Quanto al criterio distintivo tra concorso di persone nel reato e reato associativo, lo stesso va, infine, ravvisato nel carattere stesso dell’accordo criminoso, che nel concorso di persone è funzionale alla realizzazione di uno o più reati determinati, eventualmente ispirati a un medesimo disegno criminoso, consumati i quali l’accordo si esaurisce o si dissolve, mentre nel delitto associativo è diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso da parte di tre o più persone, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, e permane anche dopo la realizzazione dei singoli reati.

In fatto, con riferimento questa volta alla fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte, si osserva come dal testo dell’impugnata ordinanza si ricavi la mera episodicità dell’attività del ricorrente L.V., che sembrerebbe aver fatto da “paciere” o da “tramite” tra soggetti mafiosi ma soltanto in relazione ad un unico episodio e, cioè, la controversia tra C.S. e L. R..

Troppo poco, a giudizio di questa Corte, per far discendere da ciò la sussistenza degli indizi della partecipazione dell’odierno ricorrente ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso i cui contorni non sono stati affatto delineati nell’impugnata ordinanza.

Il Tribunale del rinvio dovrà, quindi e non potendo tale compito essere svolto da questo Giudice di legittimità, indicare con maggior precisione gli ulteriori indizi della partecipazione del L.V. alla vita dell’associazione a delinquere al di là del singolo episodio di cui prima si è fatto cenno.

3. Il ricorso va, in definitiva, accolto e l’impugnata ordinanza annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo.

Devono disporsi, altresì, le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

PQM

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo.

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