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Misure cautelari, esigenze e criteri di scelta delle misure: la motivazione è illogica se basata su mere congetture (Cass. Pen. Sez. III – 14604/19)

13 Mar 2019 - Sentenze

Misure cautelari, esigenze e criteri di scelta delle misure: la motivazione è illogica se basata su mere congetture (Cass. Pen. Sez. III – 14604/19)

In punto di sussistenza di esigenze cautelari, nonché avuto riguardo i criteri di scelta delle misure, la motivazione del provvedimento restrittivo non può basarsi su mere ipotesi e/o congetture sfornite di alcun riferimento concreto in termini indiziari, nonché su presunte massime d’esperienza non verificabili secondo il criterio dell’ “id quod plerumque accidit”.

 

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Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 marzo 2019 – 3 aprile 2019, n. 14604

Presidente Sarno – Relatore Reynaud

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6 novembre 2018, il Tribunale di Catania ha respinto la richiesta di riesame proposta dall’odierno ricorrente avverso il provvedimento con cui il g.i.p. gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 73 T.U. stup., per aver, in concorso con la moglie, illecitamente trasportato cinque panetti di cocaina del peso complessivo lordo di poco più di 1 Kg., occultandoli a bordo di un’auto presa a noleggio.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

3. Con il primo motivo, si deducono violazione di legge e vizio di motivazione, con riguardo all’art. 273 cod. proc. pen., per essere stati ritenuti gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato ipotizzato, desumendoli da un unico elemento, vale a dire il sequestro dello stupefacente effettuato sul veicolo che l’indagato aveva quella mattina preso a noleggio per recarsi in Sicilia con la moglie per festeggiare con una cena il suo compleanno. Il ricorrente rileva che anche in materia cautelare dovrebbe farsi applicazione della regola sancita nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., che richiede una pluralità di indizi – gravi, precisi e concordanti – nella specie non sussistenti. L’ordinanza, inoltre, non avrebbe motivato sulla spiegazione alternativa del fatto fornita dall’indagato in sede di interrogatorio, nel quale egli aveva dichiarato di nulla sapere circa l’occultamento dello stupefacente nell’auto da lui presa a noleggio, mentre sarebbe illogica l’argomentazione a carico utilizzata circa il fatto che egli e la moglie indicarono in termini diversi il luogo in cui si sarebbero recati a cena.

4. Con il secondo motivo di ricorso l’ordinanza impugnata viene censurata per violazione di legge e mancanza di motivazione circa la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. Esclusa la sussistenza di quelle di cui alle lett. a) e b), ci si duole della mancanza di motivazione circa il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, essendosi trattato di un singolo episodio attribuito ad un soggetto privo di precedenti specifici e che – contrariamente a quanto ipotizzato nell’ordinanza impugnata – non risulta avere contatti con ambienti dediti al traffico di stupefacenti.

5. Con il terzo motivo di ricorso, ci si duole della mancanza di specifica motivazione quanto all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con l’uso del c.d. braccialetto elettronico, con conseguente violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità sanciti dall’art. 275 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché sollecita una alternativa ricostruzione del fatto non consentita in sede di legittimità.

Secondo il preferibile orientamento di questa Corte, oramai consolidato, ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – non richiamato dall’art. 273, comma primo-bis, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba, Rv. 270172; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, 3ovanovic, Rv. 268683; Sez. 4, n. 25239 del 05/04/2016, Cavallaro, Rv. 267424).

Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata motiva in modo non manifestamente illogico la sussistenza del grave quadro indiziario, indicando – oltre al fortissimo elemento connesso al sequestro dell’ingente quantitativo di droga nell’auto noleggiata dall’indagato – ulteriori indizi di carattere logico che escludono la verosimiglianza della tesi difensiva sostenuta nell’interrogatorio, tesi che, contrariamente a quanto opina il ricorrente, l’ordinanza valuta. Né è possibile sollecitare in questa sede un’alternativa ricostruzione del fatto.

Ed invero, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884).

In particolare, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, un vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460). Il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza deve risultare “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando estranea al sindacato del giudice di legittimità la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, Siciliano, Rv. 251761).

2. Parimenti inammissibile per manifesta infondatezza è il secondo motivo di ricorso.

Con riguardo alla contestazione sulla sussistenza dell’esigenza cautelare ravvisata – che è soltanto quella di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., essendo dunque generiche le contestazioni mosse con riguardo alle altre esigenze di cui alle lett. a) e b) della disposizione, che l’ordinanza neppure menziona – la previsione, nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale. Dunque, non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 3, n. 34154 del 24/04/2018, Ruggerini, Rv. 273674; Sez. 6, n. 24477 del 04/05/2016, Sanzogni e a., Rv. 267091; Sez. 6, n. 24476 del 04/05/2016, Tramannoni, Rv. 266999). Tale prevedibilità, tuttavia, non dev’essere oltre misura enfatizzata, essendosi condivisibilmente osservato che la previsione di una “specifica occasione” per delinquere esula dalle facoltà del giudice (Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 2, n. 53645 del 08/09/2016, Lucà, Rv. 268977). L’attualità, piuttosto, deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche ed astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 6, n. 24779 del 10/05/2016, Rando, Rv. 267830). E’ necessario e sufficiente, allora, formulare una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, purché fondata su elementi concreti, quali la personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, e l’esame delle sue concrete condizioni di vita (Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994; Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, dep. 2017, Verga, Rv. 269684; Sez. 2, n. 47891 del 07/09/2016, Vicini e aa., Rv. 268366; Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016, Esposito, Rv. 268508).

Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ‘deduce non illogicamente l’attualità e concretezza delle esigenze cautelari dalle modalità e dalla gravità del fatto accertato, ritenuti indicativi di un non occasionale inserimento dell’indagato in ambiti criminali dediti, ad un buon livello, allo spaccio di sostanze stupefacenti, con conseguente sussistenza del pericolo di reiterazione del reato richiesto dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.

3. E’ invece fondato il terzo motivo di ricorso. Secondo l’autorevole principio di diritto di recente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, in tema di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 47 del 2015, ove non si sia al cospetto di una delle ipotesi di presunzione assoluta di adeguatezza, il giudice deve sempre motivare sulla inidoneità della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, Lovisi, Rv. 266651).

L’ordinanza impugnata rende sul punto una motivazione, ma la stessa è manifestamente illogica perché fondata su mere congetture. Ed invero, se è corretto affermare che le modalità del fatto sono indicative di un coinvolgimento non occasionale nell’attività illecita legata allo spaccio di stupefacenti – non essendo illogico ritenere che un quantitativo così elevato di sostanza stupefacente presupponga un legame fiduciario tra il committente del trasporto ed il trasportatore – l’ordinanza impugnata non offre tuttavia elementi che consentano di poter affermare, anche soltanto a livello indiziario, uno «stabile inserimento dell’indagato in attività concernenti l’illecito traffico di stupefacenti» e una sua «ormai comprovata decisione di trarre mezzi finanziari da attività delittuose» che possano far ritenere probabile (in termini di attualità e concretezza) il rischio che egli, peraltro privo di precedenti specifici, si renda disponibile a tenere condotte illecite che potrebbero svolgersi anche in regime di arresti domiciliari con presidio elettronico (quali la custodia di stupefacente o lo Spaccio al minuto). Tra condotta illecita non occasionale desunta dalle modalità di uno specifico fatto, che dunque potrebbe ripetersi in assenza di cautele, stabile inserimento in un contesto criminale con disponibilità allo svolgimento di una pluralità di ruoli in materia di spaccio che ben potrebbero essere svolti anche presso il domicilio (affermata in assenza di concreti elementi) vi è, invero, una innegabile differenza. Deve, pertanto, richiamarsi il principio secondo cui è affetta dal vizio di illogicità e di carenza della motivazione la decisione del giudice di merito che, in luogo di fondare la sua decisione su massime di esperienza – che sono caratterizzate da generalizzazioni tratte con procedimento induttivo dalla esperienza comune, conformemente agli orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione – utilizzi semplici congetture, cioè ipotesi fondate su mere possibilità, non verificate in base all’ “id quod plerumque accidit” (Sez. 6, n. 36430 del 28/05/2014, Schembri, Rv. 260813; Sez. 6, n. 1686 del 27/11/2013, dep. 2014, Keller, Rv. 258135; Sez. 6, n. 6582 del 13/11/2012, dep. 2013, Cerrito, Rv. 254572).

4. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto di cui al §. 3 al Tribunale di Catania, sezione per il riesame delle misure cautelari.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

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