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Favoreggiamento della latitanza: accompagnare i parenti dal ricercato per incontri a carattere familiare non integra il reato (Cass. Pen. Sez. II – 37378/16)

8 Set 2016 - Sentenze

In tema di procurata inosservanza di pena le condotte penalmente rilevanti sono solo quelle direttamente finalizzate a preservare la latitanza del ricercato. Diversamente, sono privi di rilevanza penale i comportamenti che agevolano rapporti interpersonali dello stesso a scopo affettivo, a maggior ragione ove l’attività del favoreggiatore non risulti concorrere con quella del latitante allo scopo di sottrarre quest’ultimo alle ricerche.

 

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 maggio 2016 – 8 settembre 2016, n. 37378

Presidente Fumu – Relatore Taddei

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.In ordine ai fatti di reati dì seguito indicati:

[…]

M.M.
b) del delitto p. e p. dagli arti. 110,81, 390 c.p., 7L. 203.91 per avere in concorso con F. A. nei cui confronti si è già proceduto, in tempi diversi e con piu azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, aiutato R. P. a sottrarsi all’esecuzione della pena dell’ergastolo, alla quale era stato condannato con sentenza emessa il 17.9.1998 dalla Corte d’Assise di Napoli per l’omicidio di N. P. e divenuta definitiva il 9.1.2001 ed esecutiva attraverso l’ordine di carcerazione nr. 75/01 R.E. emesso dalla Procura Generale presso la Corte D’Appello di Napoli 1’11.1.2001, consentendogli di incontrare, sfuggendo alle richieste dell’Autorità, i familiari’ in particolare procurando autovetture di volta in volta differenti appartenenti a soggetti del tutto estranei al contesto criminale in modo da eludere le attività di ricerca dell’A.G. Con l’aggravante di cui all’art. 7 della L. 203.91, avendo agito al fine di agevolare le finalità dell’associazione di tipo mafioso di cui al capo a). Fatti commessi in Noia, Saviano ed altri comuni delle provincie di Napoli ed Avellino dal mese di maggio del 2007 al mese di novembre del 2009.

[…]

1.3 Hanno proposto ricorso anche gli imputati M. M. e R. A. deducendo:
a) M. M.
1) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità riguardo la imputazione sub b), erronea applicazione dell’art. 390 cod. pen. Secondo il ricorrente la Corte , ravvisando la responsabilità per il reato di cui all’art. 390 cod.pen., non ha considerato che tale figura criminosa richiede necessariamente, il compimento di una attività materiale idonea alla copertura e alla sottrazione del latitante alle ricerche investigative tese alla sua cattura e che la condotta tipica non può coincidere con la mera assistenza fisica e morale, affettiva, prestata alla persona del latitante, profili, questi ultimi, evidenziati tutti nella diversa fattispecie di cui all’art. 418 cod.pen.

[…]

3. Il ricorso monotematico di M. e’ fondato.

3.1 La condotta del reato di procurata inosservanza di pena ,secondo la consolidata interpretazione che ne ha dato questa Corte , consiste in un’attività volontaria, specificamente diretta ad eludere l’esecuzione della pena, che concorre con quella del condannato ricercato ; tale attività, che può assumere le forme più diverse, trattandosi di reato a forma libera, deve tuttavia risolversi in uno specifico aiuto prestato al condannato, idoneo a conseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione della pena e ad assicurargli effettiva copertura: in particolare l’aiuto deve essere in rapporto di causalità con l’intenzione del condannato di sottrarsi all’esecuzione della pena.

3.2 Ne consegue che non può ritenersi responsabile del reato in esame colui che, anche se a conoscenza della qualità di condannato di una persona e del suo proposito di sottrarsi all’esecuzione della pena, non svolge alcuna specifica attività di copertura del latitante rispetto alle ricerche degli organi di polizia, ma intrattiene con questi rapporti interpersonali leciti.(n.9936 del 2003 rv 223978; n.3613 del 2005 rv 232867). Di fatto, al M. sono state contestate, al capo b), esclusivamente condotte volte a consentire al proprio suocero R. P., di mantenere con i propri familiari, rapporti di natura affettivo-familiari ma né il primo giudice né la Corte hanno individuato l’aiuto prestato al condannato, idoneo a conseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione della pena e che si leghi funzionalmente all’intenzione dello stesso di sottrarsi all’esecuzione, elemento che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, costituisce imprescindibile nucleo della fattispecie criminosa contestata.

3.3 La Corte territoriale , infatti, ha individuato la condotta illecita nell'”accompagnare i congiunti dal latitante, nonché la predisposizione di una serie di accorgimenti, volti ad evitare ogni collegamento tra i veicoli utilizzati ed i familiari del latitante…” in ciò solo individuando il concreto aiuto fornito al R., diretto a preservare la sua latitanza. L’affermazione, peraltro, è puramente assertiva e per nulla esplicativa della reale rilevanza finalistica della condotta incriminata, tanto più che non è stato in alcun modo contraddetto lo scopo puramente affettivo degli incontri. Né può negarsi che l’accorgimento delle auto pulite più che un aiuto rivolto al latitante è volto in prima battuta a sviare l’attenzione delle Forze dell’ordine dagli stessi utilizzatori delle vetture, che costituiscono degli obiettivi estremamente sensibili e sorvegliati dalle Forze dell’ordine perché, in ragione dei legami affettivi-familiari, sicuri tramiti con il latitante e passibili di incriminazione per gli incontri con quest’ultimo.

3.4 Rileva, comunque, che secondo la giurisprudenza di questa Corte, il reato di procurata inosservanza di pena, prevede, come condotta punibile solo l’aiuto prestato al latitante per sottrarsi all’esecuzione della pena e pertanto, il significato del termine “aiuta” non può essere che quello di favorire il ricercato mediante un’attività volontaria, concorrente con quella del latitante al fine della realizzazione dello scopo dallo stesso perseguito. Essa consiste in un’attività volontaria, specificamente diretta ad eludere l’esecuzione della pena, che concorre con quella del condannato ricercato (n. 11487 del 1988 Rv. 179801; n. 9936 del 2003 Rv. 223978; N.35032 del 2005 rv 232077n.12374 del 2016 Rv. 266657) ed, in questi termini, deve essere compiutamente individuata nell’affermazione di responsabilità, cosa che manca nella motivazione del provvedimento impugnato. Si impone , pertanto, l’annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste dell’impugnata sentenza.

[…]

5. In conclusione il provvedimento impugnato va annullato,in accoglimento del ricorso di M. ,relativamente al capo B) perché il fatto non sussiste […]

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al capo B) perché il fatto non sussiste […]

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