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Riconoscimento fotografico: ai fini dell’attendibilità è necessaria la preventiva descrizione “sommaria” del soggetto da identificare (Cass. Pen. Sez. I – 44995/18)

8 Ott 2018 - Sentenze

Riconoscimento fotografico: ai fini dell’attendibilità è necessaria la preventiva descrizione “sommaria” del soggetto da identificare (Cass. Pen. Sez. I – 44995/18)

Anche per il riconoscimento fotografico effettuato dalla Polizia Giudiziaria in sede di indagini, pur essendo prova “atipica” ex art. 189 c.p.p., è richiesto un elevato grado di verificabilità dell’atto che, nel suo svolgimento, deve tendenzialmente seguire le modalità previste per la ricognizione di persona (preventiva descrizione fisica delle fattezze del soggetto da riconoscere, invito a precisare altri riconoscimenti effettuati in precedenza, predisposizione di foto di soggetti simili a quello oggetto di riconoscimento, altri adempimenti previsti dall’atto tipico ex artt. 213-217 c.p.p.). In tal senso, le modalità seguite possono condizionare l’attendibilità del risultato, aspetto del quale il Giudice è tenuto a dar conto nelle motivazioni del provvedimento.

 

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Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 settembre 2018 – 8 ottobre 2018, n. 44995

Presidente Di Tomassi – Relatore Bianchi

 

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza pronunciata in data 16.4.2018 il Tribunale di Napoli, quale giudice ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza in data 26.3.2018 con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di R. V., indagato per il reato di tentato omicidio in concorso, commesso in Napoli il 9.12.2017.

1.1. Il fatto riguarda aggressione subita, attorno alle ore 22.00 del 9.12.2017, da un gruppo di giovani ( C. C., P. F., M. F., T. S. e B. A.), che si trovavano nel quartiere Vomero, ad opera di un gruppo di circa venti giovani, che, appreso che i cinque giovani provenivano da altro quartiere, li avevano circondati ed aggrediti.

Mentre M. F., T. S. e B. A. erano riusciti a fuggire, C. C. e P. F. venivano ripetutamente colpiti.

C. C., accompagnato all’ospedale, veniva curato per due ferite da punta e da taglio all’emitorace sinistro e sottoposto a intervento chirurgico d’urgenza.

L’ordinanza ha ritenuto ( pagg. 13 ss.) corretta la qualificazione del fatto come tentato omicidio, sul rilievo dell’arma utilizzata, con notevole capacità lesiva, del distretto corporeo attinto, della ripetizione dei colpi, dell’energia impressa all’azione, dell’entità delle lesioni cagionate, del contesto di superiorità numerica del gruppo assalitore; ha ritenuto la sussistenza anche delle aggravanti dei futili motivi e del numero dei concorrenti.

1.2. Quanto alla prova specifica, l’ordinanza ha osservato che nella immediatezza i giovani aggrediti non erano stati in grado di indicare né riconoscere alcuno degli aggressori.

Le indagini, condotte anche sulle comunicazioni intercorse tramite i cd. social, avevano quindi consentito di accertare l’esistenza, nel territorio del quartiere Vomero, di un gruppo giovanile, denominato V. S. R., e veniva riscontrato il verificarsi di episodi riconducibili ai giovani del menzionato gruppo.

In particolare:
– nella serata del 19.12.2017 le forze dell’ordine avevano fermato, dopo un inseguimento, due moto, a bordo delle quali venivano identificati i giovani S. S., R. V., B. V. e M. G., e alla perquisizione personale venivano rinvenuti due coltelli;

– in data 17.1.2018 si era verificato incendio doloso, attribuito a B. V. e M. G.;

– in data 19.1.2018 vi era stata aggressione a D. R. D., attribuita a B. V. e S. S.

Acquisite le foto dei componenti del gruppo, le persone offese del fatto accaduto il 9.12.2017 avevano compiuto alcuni riconoscimenti positivi nei confronti di S. S. ( riconosciuto da C. C., P. F. e T. S.), di V. S. (da C. C.), di M. G. (da B. A. e T. S.), di B. V. (da M. F. e T. S.), di C. A. (da T. S.) e di R. V. (da T. S.).

1.3. L’ordinanza, con specifico riguardo alle prove a carico dell’indagato R., ha ritenuto, oltre alla soggettiva credibilità, la attendibilità delle dichiarazioni di T. S., riscontrate :
– dalle dichiarazioni delle altre persone offese, convergenti su giovani del medesimo gruppo;
– dalla accertata frequentazione di R. V. con gli altri indagati, e, in una occasione, caratterizzata dalla detenzione di coltelli e dalla fuga dalle forze dell’ordine;
– dalla parentela con B. V.;
– dalle dichiarazioni dell’indagato che aveva riconosciuto di aver incontrato, la sera del 9.12.2017 dalle ore 22.30 in poi, B. V., S. S. e M. G. presso il Mc Donald sito nel quartiere Vomero;
– dall’assenza di riscontri all’alibi dato dall’indagato, che aveva riferito di essere stato, tra le ore 21 e le ore 22.30, a casa del cugino B. V., che peraltro non era in casa.

Il Tribunale ha quindi considerato ininfluente il fatto che P. F. non avesse riconosciuto l’indagato, divergenza giustificata dal particolare contesto del fatto e dalla concitazione dell’episodio.

1.4. In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie – desumibile dalla gravità del fatto, dalle allarmanti modalità esecutive, dal negativo profilo soggettivo caratterizzato da spregiudicatezza e trasgressività – e il pericolo di inquinamento delle prove – sul rilievo del collegamento con gruppo criminale e della particolare vulnerabilità delle fonti di accusa, tutti di giovanissima età – .

1.5. Il Tribunale ha ritenuto adeguata solo la massima misura custodiale, l’unica idonea a realizzare l’allontanamento dell’indagato dall’ambiente criminogeno.

La meno afflittiva misura degli arresti domiciliari è stata ritenuta non idonea, in quanto presuppone un particolare affidamento nel sottoposto, che, nel caso in esame, il profilo soggettivo dell’indagato non consentiva.

La misura disposta, inoltre, risulterebbe proporzionata alla prevedibile entità della pena.

2. Il difensore di fiducia di R. V. ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, con il primo motivo, violazione degli artt. 192 e 273 cod. proc. pen. e difetto di motivazione in ordine alla valutazione circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

L’ordinanza impugnata avrebbe fondato il giudizio sulla ritenuta appartenenza dell’indagato al contesto criminale oggetto di indagine – circostanza priva di riscontro probatorio e meramente congetturale – e sul riconoscimento compiuto da T., recepito senza alcuna considerazione critica.

In particolare, quanto al riconoscimento dell’indagato, il Tribunale non avrebbe considerato che:

– T. era riuscito subito a fuggire dall’aggressione;
– i giovani aggrediti avevano riferito che gli aggressori erano travisati fino agli occhi;
– il riconoscimento di T. era l’unico nei confronti di R. ed era sopravvenuto a distanza di oltre due mesi dal fatto;
– non era stata valutata l’attendibilità del riconoscimento, che non era stato preceduto dalla descrizione fisica degli aggressori e senza indicazione dell’epoca della fotografia utilizzata per la ricognizione.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. in relazione alla scelta della misura cautelare.

Era stata ritenuta l’esigenza di tutela dalla pericolosità dell’indagato in relazione alla gravità del fatto e alla adesione del R. al contesto criminale, in realtà non provata in quanto l’unico dato accertato era la parentela con B. V., appartenente al gruppo” V. S. R.”.

In particolare, dalla indagine sui contatti cd. social non era emersa la adesione al medesimo gruppo da parte del R.; il Tribunale, inoltre, aveva omesso di considerare il tempo trascorso tra il fatto e la esecuzione della misura custodiale ( circa quattro mesi), durante il quale nessun rilievo era stato mosso a carico del R.

Con il terzo motivo viene denunciata violazione della legge penale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.

La difesa sostiene che, in ragione del numero di colpi ( due), dell’aver consentito alla vittima di allontanarsi e dell’assenza di pericolo di vita, era da escludere la volontà omicida.

Con il terzo motivo viene denunciata violazione della legge penale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.

La difesa sostiene che, in ragione del numero di colpi (due), dell’aver consentito alla vittima di allontanarsi e dell’assenza di pericolo di vita, era da escludere la volontà omicida.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è fondato e va dunque pronunciato l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli, quale giudice ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., per nuovo esame; i motivi secondo e terzo sono assorbiti.

1. Con il primo motivo viene denunciato difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato R. V.

In particolare, il motivo rileva che non vi sarebbe motivazione del giudizio di attendibilità del riconoscimento fotografico del ricorrente compiuto dal teste T. S.

1.1. L’ordinanza applicativa della misura cautelare ha dato conto che nel febbraio 2018, a distanza di due mesi dal fatto, la polizia giudiziaria aveva predisposto album fotografici con le foto di giovani, fra i quali quelli nei cui confronti le prime indagini avevano evidenziato indizi di reità, e che T., visionato un album di dodici fotografie, aveva riconosciuto cinque giovani, fra i quali anche il ricorrente, al quale, in particolare, attribuiva, per avervi assistito, la condotta di aggressione di P. F.

Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto l’attendibilità del riconoscimento, sul rilievo dell’assenza di ulteriori motivi di contrasto tra il teste e gli accusati, del fatto che il teste, come le altre persone offese che avevano effettuato riconoscimenti, pur senza descriverli, aveva potuto osservare gli aggressori ed aveva memorizzato taluni elementi particolari; i soggetti riconosciuti, inoltre, facevano parte del medesimo gruppo di amici e, in particolare, il R. era stato controllato, in altre occasioni, in compagnia di alcuni fra i componenti di quel gruppo; infine, la versione fornita dall’indagato – che aveva affermato di essere rimasto tra le ore 21 e le ore 22.30 a casa di una zia, la signora R. A. madre del coindagato B. V. – non sarebbe credibile in quanto nello stesso arco temporale, secondo quanto riferito dallo stesso R., il cugino B. V. non si trovava in casa.

1.2. L’ordinanza impugnata, con riferimento alla prova specifica concernente il ricorrente, ha condiviso le valutazioni del giudice per le indagini preliminari rilevando che:

– le vittime dell’aggressione, pur non essendo in grado di descrivere somaticamente gli aggressori, avevano poi riconosciuto, in fotografia, giovani facenti parte del medesimo gruppo;

– T. V., nel riconoscere il R., lo aveva indicato come il giovane che aveva aggredito, in particolare, P.F.;

– l’accusa nei confronti del R. era riscontrata dall’essere questi partecipe del medesimo gruppo degli altri giovani riconosciuti dalle altre persone offese, e dalla non credibilità dell’alibi rappresentato dall’indagato, privo di riscontri a conferma e inverosimile in relazione agli orari indicati.

Infine, la circostanza che P. F. non avesse riconosciuto il R. come uno degli aggressori era giustificabile in quanto il P. si era trovato in posizione arretrata rispetto al resto del suo gruppo, ed il contesto era stato di grande concitazione per la violenza e il numero delle persone coinvolte.

1.3. La giurisprudenza, con orientamento costante, ha chiarito che l’efficacia probatoria del riconoscimento fotografico, prova non disciplinata dalla legge e consentita ai sensi dell’art. 189 cod. proc. pen., è condizionata dalla sua attendibilità, che va dunque motivata in termini specifici dal giudice.

E’ stato evidenziato che la legge processuale disciplina le modalità di assunzione delle prove tipiche, modalità ritenute funzionali ad assicurare l’attendibilità del risultato probatorio, comunque da sottoporre a specifica valutazione, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.; anche per le prove non disciplinate dalla legge va dunque assicurata, e la motivazione ne deve dar conto, una modalità di assunzione il più possibile conforme alla previsione legale per le prove tipiche più “vicine” alla prova assunta.

E’ stato precisato ( Sez. 6, 15.2.2017, Buonaurio, Rv. 269876) che l’individuazione fotografica non deve, ai fini della legittimità della prova, essere preceduta dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona, ma le modalità con cui viene effettuato il riconoscimento devono avvicinarsi il più possibile all’analogo mezzo di prova tipico costituito dalla ricognizione di persona, in quanto le modalità di assunzione del mezzo di prova condizionano la sua efficacia dimostrativa.

L’onere motivazionale, in relazione alla valutazione di prova costituita da riconoscimento fotografico, deve quindi riguardare non solo i profili soggettivi e oggettivi propri di ogni prova dichiarativa, ma anche le specifiche modalità dell’atto ricognitivo, di cui si deve dar conto onde consentire, ex post, il controllo sulla idoneità del mezzo di prova all’accertamento dei fatti.

1.4. Nel caso in esame non vi è alcun cenno su una preventiva descrizione fisica del soggetto riconosciuto da parte di T. S., ed anzi la ordinanza applicativa della misura dà atto che solo C. C. aveva dato una preventiva descrizione degli aggressori.

Quanto alle condizioni oggettive in cui il T. si era trovato durante il fatto, dato rilevante per comprendere per quanto tempo e in quali condizioni di luce il teste aveva potuto vedere i giovani del gruppo opposto, l’ordinanza impugnata ne tratta solo per giustificare l’omesso riconoscimento del ricorrente da parte di P. F., il giovane che, secondo il T., sarebbe stato aggredito da R. V.

Dunque, vi è solo la considerazione delle sfavorevoli condizioni in cui si sarebbe trovato il P., che dunque, per tale motivo, non aveva riconosciuto il suo aggressore, ma non vi è alcuna specifica descrizione della visuale avuta dal T.

Si tratta di carenze motivazionali particolarmente significative, in quanto unite all’accertamento di dati “indicatori” di non attendibilità del riconoscimento.

Infatti, dalla ordinanza genetica risulta che il fatto era avvenuto in tempo di notte, che il gruppo di aggressori era numeroso (una ventina di giovani) e che i giovani aggressori, secondo il racconto di C. C., erano parzialmente travisati dal cappuccio e da una sciarpa “scalda collo” alzata sul viso, tutti elementi che danno conto di un contesto in cui era difficile, per chi era aggredito, memorizzare i volti di chi, in superiorità numerica, stava compiendo l’aggressione.

Inoltre, il riconoscimento di R. V. da parte di T. S. non è confermato dalle altre persone offese, e, in particolare, non vi è conferma da parte del giovane (P. F.) che proprio sarebbe stato aggredito dal ricorrente.

1.5. L’ordinanza impugnata ha valorizzato come elementi a conferma del riconoscimento effettuato da T. S. elementi che non hanno carattere specifico con riferimento al soggetto riconosciuto, e dunque non valgono ad attribuire specifica attendibilità alla ricognizione fotografica compiuta.

In particolare, l’unico elemento di riscontro è costituito dall’essere R. V. collegato al gruppo degli altri soggetti riconosciuti, sia in ragione del rapporto di parentela con B. V. sia per la accertata, in altri episodi, frequentazione.

Quanto all’alibi addotto, l’ordinanza impugnata ha svolto motivazione contraddittoria in quanto al giudizio di inverosimiglianza è unita la considerazione che quanto riferito dall’indagato R. dava conferma della sua presenza sul luogo del fatto e in compagnia dei coindagati B., S. e M.

Il dato che, nella versione resa dal ricorrente, l’ordinanza impugnata ha ritenuto non credibile è dunque unicamente il dato temporale della presenza di R. in compagnia del cugino e degli altri amici, avendo il ricorrente collocato la sua presenza in loco in orario successivo rispetto al verificarsi del fatto.

Peraltro, il Tribunale (pagg. 11, 12) non ritiene che si tratti di alibi di cui sia accertata la falsità, bensì di alibi privo di conferma in altri elementi processuali, e dunque non è possibile valorizzarlo come elemento di accusa ( Sez. 1, 11.2.2014, Marturana).

2. Il Collegio quindi ritiene che solo apparente sia la motivazione data dall’ordinanza impugnata, pur letta unitamente alla conforme ordinanza genetica, circa la valutazione della prova specifica a carico del ricorrente R. V.

In particolare, a fronte di prova diretta costituita unicamente da ricognizione fotografica e in presenza di elementi oggettivi significativi di scarsa attendibilità del relativo risultato probatorio – costituiti dal tempo di notte, dal parziale travisamento del volto, dal contesto di grande concitazione – l’ordinanza impugnata non ha motivato in maniera specifica in ordine alle modalità della ricognizione fotografica compiuta, così da poterne valutare l’idoneità probatoria, ed ha valorizzato come elementi di riscontro al riconoscimento elementi che collegano il ricorrente ad altri coindagati, ma non al fatto oggetto di accusa, e in ordine all’alibi addotto dal ricorrente ha compiuto una contraddittoria valutazione di inverosimiglianza.

Va dunque pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli, quale giudice ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., per un nuovo esame che sia sostenuto da motivazione priva delle carenze sopra indicate.

Il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, e il terzo motivo del ricorso, riguardante la qualificazione giuridica del fatto, non vengono esaminati in quanto logicamente subordinati all’accertamento degli indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, e dunque restano assorbiti e devoluti al nuovo esame nel giudizio di rinvio ( Sez. 6, 11.1.2018, Tronchetti Provera, Rv. 272973).

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di riferimento, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli competente ex art. 309 c.p.p. .

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

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